Giampaolo Caruso

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    Caruso: il mio sogno è il Giro
    Avola, paese sulla costa Ionica di circa 30.000 anime in provincia di Siracusa, è il suo rifugio. Con la bicicletta, e per la bicicletta, può girare tutto il mondo: ma la sua casa, la sua famiglia, i suoi amici, la sua terra, Giampaolo Caruso non li cambierebbe per nessuna cosa al mondo.
    «Appena posso, anche per pochi giorni tra una corsa e l’altra, torno in Sicilia, scappo a casa mia ad Avola. Come sto bene qui, non sto in nessuna altra parte del mondo. Qui c’è tutto: il calore della famiglia, degli amici, c’è tutta la mia vita».

    Caruso, corridore della Ceramica Flaminia Bossini Docce, il giorno di ferragosto ha festeggiato 29 anni. Professionista dal 2002, lo scorso luglio ha ottenuto le più importanti affermazioni in carriera vincendo due tappe e la classifica finale del Brixia Tour, la breve corsa a tappe in provincia di Brescia che negli ultimi anni si è ritagliata una meritata fama.
    «Venivo da un ottimo Giro d’Austria dove avevo sfiorato la vittoria di tappa - racconta Caruso -, sono andato al Brixia per riuscire a centrare il successo e ci sono riuscito subito al primo giorno. Poi con la maglia di leader nella tappa decisiva, con l’arrivo in salita a Maniva, ho dimostrato di essere il migliore del lotto e ho fatto il bis e vinto la classifica generale. Una grande soddisfazione sia per il buon lotto di partecipanti, sia per il percorso: una corsa per scalatori dove chi ha le caratteristiche come le mie si può esaltare».

    Una bella rivincita per chi non ha potuto correre il Giro d’Italia...
    «È vero. Quella è una pagina amara di questa stagione. Io mi ero preparato a puntino per la corsa rosa, lo avevo dimostrato al Giro del Trentino dove stavo con Basso, che ha vinto la classifica generale, e gli altri migliori e mi sono imposto nella classifica del Gpm. Però la mia squadra non è stata invitata e mi è toccato vedere la corsa rosa dal divano di casa. Un’autentica sofferenza».

    Caruso ha vissuto sulla propria pelle una delle storie più assurde legate al doping. È passato professionista in Spagna nella Once, con alle spalle un palmares strepitoso nell’ultimo anno tra i dilettanti: vittoria al campionato europeo e secondo posto al mondiale dietro un certo Yaroslav Popovych, tra l’altro suo compagno di squadra nella Zoccorinese Vellutex. Dopo due anni, la Once diventa Liberty Seguros: praticamente quattro anni nelle squadre di Manolo Saiz che viene poi coinvolto nell’Operation Puerto. Caruso viene fermato quando si era accasato alla Lampre, ma la sua vicenda non è chiara e dopo un lunghissimo iter giudiziario il Tas di Losanna lo scagiona dalle accuse di doping.
    «Sono stato fermo per 17 mesi, un’esperienza che non auguro a nessuno - confessa il corridore della Ceramica Flamina Bossini Docce che probabilmente mai riuscirà a dimenticare quel periodo nero -. Stai male, malissimo perché ti tolgono in un attimo quello per cui hai lottato sin da bambino, per cui hai fatto e fai tanti sacrifici. In un paesino del sud come il mio, ci conosciamo tutti ed è un dolore insopportabile vivere con la gente che ti guarda e si pone tante domande. E tu non sai cosa dire, tu sai solo che ti accusano di cose che non hai fatto. Per fortuna ho avuto vicino la mia famiglia e gli amici più cari, ma è stato un inferno».

    Hai mai pensato di smettere durante quei lunghissimi mesi?
    «Sì, ho pensato davvero di mollare. Quando passano i giorni e non trovi via di uscita e soffri come ho sofferto io, ti viene il pensiero di smettere. Io il ciclismo non la faccio per soldi, neanche per lavoro. Io vado in bici perché la amo, per passione. Io non posso stare neanche due giorni senza uscire in bicicletta, non ci riesco neanche d’inverno e così salto in bici lo stesso anche se fa freddo. Figuriamoci stare senza corse per un anno e mezzo! Mi sono salvato grazie alla mia famiglia e all’amore per questo sport. Ho passato le giornate nel negozio di mio fratello Benedetto (Caruso Bike, ndr) a montare biciclette e seguendo la squadra giovanile che abbiamo fondato nel 2007 e che ci sta dando tante soddisfazioni».

    Per fortuna il passato è alle spalle. Caruso non si è demoralizzato e non si è arreso. Ha ritrovato il suo mondo, il gruppo, la corsa, l’adrenalina che sale quando si firma il foglio di partenza. E ha ancora tanto da dare e chiedere al ciclismo.
    «Voglio recuperare il tempo perso che qualcuno ingiustamente mi ha tolto. Voglio provare l’emozione del Tour del France che non ho mai corso. Voglio togliermi altre soddisfazioni, voglio dimostrare che nei grandi giri Caruso può dire la sua. Spero di poter correre il prossimo Giro d’Italia, ho l’handicap delle cronometro ma spero di riuscire a migliorare perché penso di poter ambire ad un posto tra i primi cinque nella classifica generale».

    E Caruso, temprato da tutto quello che ha passato, può farcela. Giampaolo viene dal paese famoso per il “Nero d’Avola”, il vino da tavola siciliano più apprezzato al mondo e che viene definito “Il Principe dei vini siciliani”. Avola ha dato i natali anche ad altri corridori che hanno fatto, o che fanno, una buona carriera a livello professionistico. È il caso di Carmelo Barone negli anni ’70/80 e di Paolo Tiralongo, impegnato attualmente con la Lampre Ngc. Caruso è sulla buona strada per divenire il “Principe dei corridori siciliani”. E per una persona così attaccata alla sua terra, sarebbe come vincere un grande corsa. O forse anche di più.

    di Valerio Zeccato, TuttoBICI di Settembre 2009
     
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