Libri: L'affaire Pantani, una tragedia italiana

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  1. SarriTheBest
     
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    Philippe Brunel: «Non ho verità, ma solo domande...»
    «Nel mio libro non ci sono 'altre verita', ma solo domande. Non faccio ipotesi, mi sono solo posto dei dubbi». Philippe Brunel, inviato di punta del quotidiano francese «L'Equipe», spiega così il senso del suo libro su Marco Pantani 'Vit et Mort de Marco Pantani' con il quale prova a riaprire il caso sulla morte del Pirata. A più di tre anni
    dalla tragedia Brunel spiega che la sua non è una contro-inchiesta giudiziaria: «Ci sono zone d'ombra, tante cose contraddittorie: ho solo voluto far vedere altre possibilità, quali per esempio che Marco in quel residence di Rimini non fosse solo, anche perché ci sono testimonianze in merito molto precise - dice il giornalista all'Ansa - Pantani in quei giorni non era solo 'chiuso, solo e delirante', così come ci vogliono far credere, lo contesto. Però nello stesso tempo non ho mai scritto che che è stato ammazzato», chiarisce l'inviato di
    L'Equipe.
    La molla che ha spinto Brunel ad occuparsi della morte di
    Pantani non è solo professionale: «Credo si tratti di una 'nostalgia del possibile' - spiega - se non fosse morto saremmo diventati amici. Ho rispetto nei suoi confronti, vorrei almeno provare a difendere la sua morte. Non sono un giudice, ma ho assistito a tutte le udienze del processo, alle quali erano presenti solo i giornalisti locali, non quelli dei grandi media italiani. Non faccio ipotesi, mi pongo dei dubbi e faccio delle domande alle quali devono rispondere soprattutto polizia e magistratura italiana. Credo però che l'Italia si sia voluta
    dimenticare della figura di Marco, rimuoverla».
    Secondo Brunel il declino del Pirata nasce con Madonna di Campiglio, quando Pantani fu escluso per ematocrito alto nel 1999: «Il ciclismo in quanto tale e il doping nel libro non ci sono, ma è chiaro che con Madonna di Campiglio inizia la morte professionale di Pantani - afferma - da quel momento per Marco inizia un meccanismo di autodistruzione. La vità un po' gliel'hanno rubata...».

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    Il Pm Paolo Gengarelli: «Per me parlano gli atti».
    «Non ho avuto modo di leggere quel libro e non ho alcuna intenzione di farlo». Così Paolo Gengarelli, pm riminese dell'inchiesta sulla morte di Marco Pantani, deceduto per overdose il giorno di San Valentino del 2004 in un residence di Rimini. Il libro a cui il magistrato si riferisce è l'inchiesta, pubblicata in questi giorni in Francia e presto in uscita anche in Italia, del giornalista e scrittore parigino Philippe Brunel ('Vie et mort de Marco Pantanì, Vita e morte di Marco Pantani - Grasset editore, 265 pagine, 18 euro), che ripercorre la vicenda giudiziaria sulla morte del campione
    di Cesenatico, sostenendo che non si sia indagato a fondo sull'ipotesi dell'omicidio. La stessa famiglia del 'Pirata' non ha mai accettato fino in fondo l'esito delle indagini condotte dalla Procura di Rimini, tanto che la madre Tonina continua a parlare di "delitto", riferendosi al figlio scomparso.
    Secondo il giornalista francese, ci sarebbero più indizi a favore del delitto che della morte per comune overdose. E così si torna a parlare di riaprire l'inchiesta, o almeno questo sarebbe il desiderio della madre di Pantani, sconvolta da alcune affermazioni contenute nel libro, per esempio quella relativa al 'trasbordo' del cuore del campione dopo l'autopsia, da parte del medico legale. «Non ho niente da dire su queste ipotesi - dice Gengarelli - per me parlano gli atti dell'inchiesta. Queste che si fanno sono solo supposizioni, speculazioni e congetture.
    Personalmente sono tranquillo poiché so che l'inchiesta è stata condotta nel migliore dei modi possibili e non per merito mio: io ho soltanto coordinato l'ottimo lavoro svolto a suo tempo dagli uomini della Squadra Mobile di Rimini, che hanno dimostrato un grande acume investigativo e hanno avuto anche un pizzico di fortuna. Infine, eventuali dubbi sulla morte di Pantani sono stati fugati dalle perizie tecniche. Mancano dunque gli appoggi pratici alla tesi dell'omicidio».
    «Ritengo - aggiunge Gengarelli - che sia già stato un grande successo aver trovato gli autori del fatto (si riferisce alla cessione di droga che ha provocato la morte del ciclista, ndr): nella situazione iniziale delle indagini, sembrava di cercare un ago nel pagliaio. Poi la Mobile ha svolto un grandissimo lavoro ed è venuta a capo della vicenda, quale si é realmente svolta». Tre imputati hanno già patteggiato, altri due hanno invece deciso di affrontare il dibattimento; la sentenza è attesa in dicembre.

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