La Storia dei Mondiali

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  1. Joey Ramone GN
     
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    La prima edizione del mondiale di ciclismo su strada si corse ad Adenau, in Germania, il 21 luglio 1927. Vinse Alfredo Binda da Cittiglio, che si confermò in altre due edizioni, nel 1930 e nel 1932. Gli anni del ciclismo eroico, quelli delle strade bianche, videro avvicendarsi al titolo iridato Binda, Ronsse (due volte) e Guerra, soprannominato “locomotiva umana” perché il 26 agosto 1931, a Copenaghen, trionfò nella cronometro. L’ultimo Mondiale prima della pausa provocata dalla Guerra si corse il 5 settembre 1938 a Valkenburg, in Olanda, e assegnò la vittoria al belga Marcel Kint.

    La ripresa delle “ostilità ciclistiche” avvenne a Zurigo nel ’46 e fu profeta in patria lo svizzero Hans Knecht, in un mondiale in cui fece la sua prima apparizione Fausto Coppi. Se l’italiano si ritirò, terzo al traguardo fu un giovanissimo Rik Van Steenbergen, che nel corso degli anni avrebbe messo in luce tutta la sua classe vincendo il mondiale tre volte: nel 1949, 1956 e 1957.

    L’edizione del 1952 doveva essere quella di Gino Bartali: il circuito di Lussemburgo si addiceva alla sue doti di scalatore ma quando fu lì per vincere, una mano lo afferrò per i pantaloncini e lo cacciò indietro, fino alla decima posizione. Il podio fu tutto tedesco, da Muller a Weilenmann a Hormann. Il 30 agosto 1953, Lugano e la salita della Crespera - autentico trampolino di lancio - salutarono il trionfo di Fausto Coppi, che era già diventato Campionissimo ma a cui mancava ancora il sigillo più pregiato: la maglia iridata. Poi ci fu una lunga parentesi dedicata ai velocisti: dal 1956 al 1963 (salvo l’intermezzo di Baldini nel 1958) in un ciclismo che era transitato dall’eroico al romantico, e si affacciava a quello spumeggiante degli anni Sessanta. S’imposero Van Steenbergen, Darrigade, Van Looy, Stablinski e Beheyet: quest’ultimo, da gregario si trasformò in campione, perché nel 1963 soffiò il titolo al connazionale Van Looy. Tanta fu la rabbia di sua maestà Rik II (come lo definirono per differenziarlo da Rik I, Van Steenbergen) nei confronti del giovane, da urlargli che quella sarebbe stata la sua ultima vittoria.

    Eddy Merckx s'impose per la prima volta nel 1967 ma già gli appassionati dell’epoca lo conoscevano bene per la sua vittoria ottenuta al Mondiale dei puri nel ’64. Il ciclone belga vinse altre due edizioni, nel 1971 e 1974, e sfiorò il successo in un paio di altre occasioni. Fu quarto nel 1972, quando a Gap vinse Marino Basso, e l’anno dopo, quando sul circuito di Barcellona fu Felice Gimondi a salire sul gradino più alto del podio. Incredibilmente, nell’anno che consacrò Francesco Moser – era il 1977 a San Cristobal, in Venezuela – Merckx terminò in ultima posizione.

    Nel 1980 a Sallanches vinse Bernard Hinault, in un’edizione tra le più dure in assoluto e, ancora si mormora, corsa su un circuito che lo stesso bretone avrebbe disegnato personalmente.

    L’appuntamento mondiale che sino ad allora aveva visto succedersi italiani, belgi, francesi, olandesi e tedeschi, nel 1983 premiò il primo corridore d’oltreoceano: ad Altenrhein, in Svizzera, s’impose lo statunitense Greg Lemond. Fu un’autentica sorpresa ma a Chambery, sei anni più tardi, l’americano seppe confermarsi davanti ad un giovane russo: Dimitri Konyshev. In quelle due occasioni il ciclismo si dimostrò “mondiale” a tutti gli effetti: era sbarcato in America ed aveva rotto i confini con il dilettantismo dell’Est! Prima di allora, nei Paesi del blocco socialista chi esercitava la professione del ciclista era considerato alla stregua di un militare e poteva solo dedicarsi all’attività dilettantistica. Non è un caso che l’albo d’oro dei mondiali tra i puri porti i nomi di numerosi tedeschi dell’est, polacchi e russi. Ma il suggello dell’avvenuta integrazione giunse undici più tardi, a Plouay, quando il lettone Romans Vainsteins sfrecciò per primo sul traguardo, e dietro a lui mise la propria ruota il polacco Spruch.

    In mezzo, i tifosi salutarono il bis mondiale di Gianni Bugno (’91 e ’92), si sorpresero davanti al cow-boy Lance Armstrong (1993) e s’inchinarono a Johan Museeuw (’96), già re delle classiche. Fu sorpresa anche nel ’97, con la vittoria del francese Brochard, e nel 1998 con lo svizzero Camenzind, corridori ritenuti sino ad allora ottimi comprimari. La vittoria dello spagnolo Oscar Freire nel 1999, a Verona, fu accolta come un exploit isolato. Che errore! Lo spagnolo si sarebbe fatto rivedere già nel 2000 (terzo) per poi confermarsi nel 2001 e nel 2004.

    Nel 2002, a Zolder, fu di nuovo Italia: vinse il Re Leone, Mario Cipollini davanti a McEwen e Zabel. L’anno successivo trionfo per lo spagnolo Igor Astarloa. Nel 2005 il Campione del Mondo fu il talento belga Tom Boonen. Nel 2006 il titolo iridato è stato conquistato da Paolo Bettini, a Salisburgo, in Austria.

    Sin qui le gare professionistiche, ma nel corso degli anni è cambiato profondamente il profilo generale dell’evento iridato. La prima svolta si ebbe nel 1958, quando l’allora Unione Velocipedistica Internazionale istituì la prova in linea per il mondiale femminile, che andò a Ely Jacobs. Nel 1962 fu il turno della cronosquadre sui 100 chilometri per la categoria dilettanti, che si aggiunse alla corsa in linea (proposta sin dal 1921). Dal 1972, e quindi a partire dalle Olimpiadi di Monaco (e solo negli anni olimpici), la rassegna iridata per i dilettanti lasciava il posto a quella olimpica.

    Nel 1975 Losanna salutò il primo Mondiale della categoria junior maschile: vinse Roberto Visentini. Per quella femminile si dovette aspettare fino al 1987, anno in cui, a Bergamo, si affermò la francese Catherine Marsal. Sempre nell’87 a Villach, in Austria, fu istituita la cronosquadre femminile sui 50 chilometri, vinta dalla squadra russa.

    L’ultima “Cento” si corse ad Agrigento nel 1994. Poi, dal 1996, fu il turno della cronometro individuale per la nuova categoria “Under 23”. Era l’anno delle Olimpiadi di Atlanta, le prime a cui vennero ammessi i professionisti. Agrigento vide anche il debutto di due nuove maglie iridate della cronometro individuale: per i professionisti e le donne senior.

    Dal 1997 al 2004 la rassegna iridata si è corsa nell’arco di una settimana, perché oltre alle prove per gli élite (in linea ed a cronometro) gareggiavano nelle stesse specialità anche gli under 23, gli junior e le donne (senior e junior).
    L’ultima rivoluzione è dei giorni nostri: dal 2005 l’UCI ha eliminato le prove iridate riservate alla categoria juniores. Le gare sono dunque sei: cronometro e prova in linea per Under 23 uomini, Élite donne ed Élite uomini.

    Da varese2008.org
     
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0 replies since 25/7/2007, 15:22   125 views
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