Posts written by rikimilan

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    14 Febbraio 2004, ore 22.42
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    1998, Giro d’Italia. Un bambino si innamora di uno sport, il ciclismo. Per colpa di un uomo di 28 anni, che scattando sui pedali di quella sua bicicletta verde acqua faceva il vuoto e facendo soffrire gli avversari.

    Gli chiedono come mai va così forte in salita. Lui risponde: “Vado forte per abbreviare la mia agonia”

    Due mesi dopo si presenta al Tour de France e compie una delle più grandi impresi della storia del ciclismo, guadagnando quasi nove minuti sull’ex maglia gialla Jan Ullrich.

    È trionfo. È il primo italiano a vincere Giro e Tour nello stesso anno dopo Gimondi, dopo 33 anni.

    Marco diventa IL MITO per chiunque pedali. Ma è un personaggio troppo scomodo. Non accetta i compromessi il ragazzo, a lui interessa solo dimostrare di essere il più forte. E cosi viene eliminato dal Giro del ’99, dove stava dominando per uno strano esame sul livello dell’ematocrito.
    Da quel giorno non sarà più lo stesso uomo. Perde pian piano la voglia di vivere fino a quella maledetta sera a Rimini.

    Dopo Madonna di Campiglio disse : “Mi sono rialzato dopo tanti infortuni e sono tornato a correre... Questa volta però abbiamo toccato il fondo... Rialzarsi sarà per me molto difficile.”

    Purtroppo fu una profezia azzeccata. Qualche altra vittoria, poi il rapporto con la bici si guastò: non era più il suo amore, diventò la sua croce.

    Cannavò il giorno dopo scrisse questo editoriale
    Ricordo giorni tragici, notti in cui abbiamo maledetto i demoni dello sport e le angosce del nostro
    mestiere, ma la mazzata che ci è arrivata addosso ieri sera ha pochi paragoni. Certo, abbiamo vissuto tragedie di altre proporzioni nella nostra vita: l’aereo del grande Torino schiantato contro la basilica di Superga, la strage dell’Heysel.Ma questa di Pantani è una morte diretta, è un lutto che ci è entrato in casa in maniera diretta e violenta, è una mazzata che, oltre al dolore, ci riporta lungo il sentiero infido di un grande rimorso collettivo. L’eroe che aveva riportato il ciclismo ai tempi mitici di Coppi è finito in frantumi, è precipitato in una sorta di perdizione volontaria, si è ucciso prima che la notizia della sua morte, piombata ieri sera nella casa degli italiani, avesse i crismi, ormai banali, di una modalità e di una ufficialità. Ma noi, pur atterriti dalle ultime notizie sui brandelli della misera vita di Marco, non osavamo pensare che alla fine ormai certa dell’atleta seguisse così fulminea quella dell’uomo. Evidentemente in Marco le due realtà si sovrapponevano. Per lui la vita era una soltanto: quella incontrata sulla bicicletta. Dopo la caduta del campione, i resti di un uomo smarrito si aggiravano, senza amici e senza prospettive, per luoghi dove non c’era spazio per le speranze. Sino al residence di Rimini: una tomba nella sua Romagna che lo adorava e seguiva sgomenta il suo tragico crepuscolo. Quando mi chiedono quale sia stato il più brutto giorno della mia vicenda professionale, nella mia mente emerge quel fatale 5 giugno del 1999. Sono arrivato a detestare uno dei luoghi più belli delle montagne d’Europa: Madonna di Campiglio. La sera prima ero stato con lui, in una tavola ormai vuota di pastasciutta e
    bistecche. Marco aveva praticamente stravinto il Giro, in un clima di delirio. Il ciclismo dell’epopea era rimato in lui e il Giro e il Tour dell’anno prima lo avevano celebrato. Di cosa parliamo,Marco?Non più di ciclismo,ma della vita. Investiamo in qualcosa di bello, di solidale questa tua gloria. I poveri, i bambini. Inventiamo un progetto. E lui assentiva, puntandomi addosso i suoi occhi dolci. Ma in quel momento — questo l’ho intuito dopo— pensava al Mortirolo, la tremenda montagna che lo aveva reso grande agli inizi della carriera. Là, sui quei tornanti, voleva sconfinare dalla sua fisiologia. Il trionfo in più. E il desiderio del Mortirolo, dove il grande Pantani era nato, ha decretato la sua fine. L’indomani mattina, verso le sette, Castellano picchiò alla mia porta: «Pantani, Pantani...». Epo, sigla infame: il suo sangue era fuori da tutte le regole. Un medico spagnolo, decretando la sua esclusione dal Giro, piangeva. L’eroe Pantani lasciò l’albergo tra due carabinieri. Ed io ebbi la sensazione che il ciclismo fosse finito per sempre. Di certo, finì Pantani. L’unica via di salvezza sarebbe stata quella della confessione. Scendere di bicicletta, scontare la pena e ripartire.Marco non ci ha mai pensato. Non ha avuto consiglieri all’altezza. O forse era impossibile guidarlo verso una forma di contrizione. Entrò in una spirale di vendetta, vide nemici dovunque. Trovò tribunali su tribunali sulla sua strada e altri andò a cercarne, sbagliando tutte le mosse.Ha tentato di ritrovarsi, ma i processi e i livori che si portava addosso lo stordivano. La gente non ha finito mai di implorarlo.Ad ogni suo scatto un urlo si levava da qualsiasi strada. Ma erano vampate di un fuoco che si era ormai spento per sempre. Dai suoi riposi invernali emergevano notizia raggelanti. Gli incidenti di macchina a ripetizione, le scorribande notturne in posti dove un atleta non dovrebbe mai entrare. Dal doping ciclistico a qualcosa di peggio. Ci hanno provato amici, da Gimondi a Cassani, a tirarlo fuori da quella bara che si stava costruendo. Ma la sua voglia di autodistruzione ha prevalso. E adesso, tra le lacrime di una notte, qual è la conclusione? Stiamo piangendo una vittima del doping? Troppo facile rispondere di sì. Ma non sarebbe la risposta giusta e completa. Certo, il doping c’entra come base della perdizione:ma il suicidio di Pantani si è consumato lungo il labirinto più complesso di una vita che ha smarrito i suoi valori di base. E purtroppo anche lo sport ne fa parte. Marco è entrato, con le sue prodigiose gambe e le sue orecchie a sventola, in un meccanismo che lo ha esaltato sino a farne un eroe, prima di rivelarne l’artifizio. La caduta è stata senza ritorno. E lui si è perso in quel precipizio, pensando che gli eroi come lui avessero diritto a una sorta di impunità. O forse che un eroe della bicicletta non potesse rassegnarsi a essere un corridore normale. Non sapremo mai quale tipo di campione sarebbe stato Pantani senza quel suo sangue potenziato e avvelenato. Ma io penso alle sue montagne, penso alla famosa tappa del Galibier con arrivo alle Deux Alpes, penso a quella maglia gialla emersa dalla tempesta. E penso infine a quello che, grazie a Pantani,ho scritto sulle pagine rosa. Molte cose terribili sono successe dopo. Ma io di quelle pagine non rinnego una sola sillaba. Per me, in quei giorni di ebbrezza, Pantani era una verità scolpita nella leggenda. Non lo tradisco con il minimo pentimento. Oggi posso dire che a quel ragazzo, da cui un giorno mi sono sentito tradito, ho voluto bene. Ed è lui che piango con una terribile angoscia, pensando alla tomba che si è scelto e ai suoi genitori. Il campione, per me, non esisteva più da quello sventurato 5 giugno. Solo adesso sappiamo che anche l’uomo Pantani stava eclissandosi in una tragedia.

    Quel bambino ero io. Grazie a Marco mi porto la bicicletta nel cuore, e nemmeno io, come Cannavò, rinnegherò una sola parola di quanto dissi sulle sue imprese. Marco era il più forte. Punto. Mi ha fatto provare emozioni forti, ancora di più quando lo vidi faticare sul Mont Ventoux o sullo Zoncolan, cercare di nuovo quello che era e trovarlo nella fatica di quelle durissime salite.
    Marco era un mito. E non va dimenticato. Per quel che ha fatto sulla bici, e per l’uomo buono che era, duro solo con se stesso. Ciao Pirata…

    L’ultima Salita
    (Nomadi)

    Corri più veloce del vento
    il vento non ti prenderà mai
    corri ancora adesso lo sento
    sta soffiando sopra gli anni tuoi.
    Dammi la mano fammi sognare
    dimmi se ancora avrai
    al traguardo ad aspettarti
    qualcuno oppure no

    Dimmi cos'è che fa sentire
    il vuoto che ti toglie tutto
    e fa finire il gioco
    dimmi cos'è dentro di te
    dimmi perchè

    Cerchi questo giorno d'inverno
    il sole che non tramonta mai
    lo cerchi in questa stanza d'albergo
    solo e sempre con i tuoi guai.
    Dammi la mano fammi sognare
    dimmi se ancora avrai
    al traguardo ad aspettarti
    qualcuno oppure no

    Dimmi cos'è che fa sentire il vuoto
    che ti toglie tutto
    e fa finire il gioco
    dimmi cos'è dentro di te
    dimmi perchè

    Dimmi cos'è che fa sentire
    il vuoto che ti toglie tutto
    e fa finire il gioco
    dimmi cos'è dentro di te
    dimmi perchè

    A braccia alzate verso il cielo
    nella notte te ne andrai
    e a pugni chiusi sulla vita
    la tua vita graffierai

    Dammi la mano fammi sognare
    dimmi se ancora avrai
    al traguardo ad aspettarti
    qualcuno oppure no

    Dimmi cos'è dentro di te
    dimmi perchè
    dimmi cos'è dentro di te
    dimmi perchè....


    E mi alzo sui pedali
    (Stadio)

    Io sono un campione questo lo so
    È solo questione di punti di vista
    In questo posto dove io sto
    Mi chiamano Marco, Marco il ciclista
    Ma è che alle volte si perde la strada
    Perché prima o poi ci sono brutti momenti
    Non so neppure se ero un pirata
    Strappavo la vita col cuore e coi denti
    E se ho sbagliato non me ne son reso conto
    Ho preso le cose fin troppo sul serio
    Ho preso anche il fatto di aver ogni tanto
    Esagerato per sentirmi più vero

    E ora mi alzo sui pedali come quando ero bambino
    Dopo un po’ prendevo il volo dal cancello del giardino
    E mio nonno mi aspettava senza dire una parola
    Perché io e la bicicletta siamo una cosa sola
    E mi rialzo sui pedali ricomincio la fatica
    Poi abbraccio i miei gregari passo in cima alla salita
    Perché quelli come noi hanno voglia di sognare
    E io dal passo del Pordoi chiudo gli occhi e vedo il mare
    E vedo te…e aspetto te…

    Adesso mi sembra tutto distante
    La maglia rosa e quegli anni felici
    E il Giro d’Italia e poi il Tour de France
    Ed anche gli amici che non erano amici
    Poi di quel giorno ricordo soltanto
    Una stanza d’albergo ed un letto disfatto
    E sono sicuro di avere anche pianto
    Ma sono sparito in quell’attimo esatto

    E ora mi alzo sui pedali all’inizio dello strappo
    Mentre un pugno di avversari si è piantato in mezzo al gruppo
    Perché in fondo una salita è una cosa anche è normale
    Assomiglia un po’ alla vita devi sempre un po’ lottare
    E mi rialzo sui pedali con il sole sulla faccia
    E mi tiro su gli occhiali al traguardo della tappa
    Ma quando scendo dal sellino sento la malinconia
    Un elefante magrolino che scriveva poesie
    Solo per te… solo per te…

    Io sono un campione questo lo so
    Un po’ come tutti aspetto il domani
    In questo posto dove io sto
    Chiedete di Marco, Marco Pantani.



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    per le novità precise della versione 2007 leggete qui

    http://www.pcciclismo.net/web/modules.php?...c&p=55201#55201
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    http://www.pcciclismo.net/web/

    la patch 2007 è pronta da giocare

    poi lo staff è in lavorazione per il 2008 con si spera grandi sorprese grafiche....

    se qualcuno di voi è esperto in grafica 3D si faccia sentire ke ce n'è bisogno
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    salve a tutti....se mi permettete posterei un link di un forum dove pcciclismo viene aggiornato di anno in anno....aspetto risposte anke via mp dallo staff
4 replies since 9/1/2007
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