Museo del Ghisallo - C'è il Giro d'Italia in mostra

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    MUSEO DEL GHISALLO


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    LA STORIA

    Quella che lega il ciclismo al Ghisallo è una storia lunga, appassionata ed avvincente.
    Carico di memorie, questo colle, che gode di panorami bellissimi, è uno dei luoghi più noti per i ciclisti di tutte le età e di tutte le categorie, agonistiche e non. Infatti è in cima a questa salita che si sono decise o si sono concluse alcune delle competizioni più famose della storia del ciclismo: dal Giro d’Italia al Giro di Lombardia, dalla Coppa Agostoni alla Giornata della Bicicletta.
    Per questo il Ghisallo è meta ogni anno di migliaia di sportivi che salgono fin qui anche per fare visita al Santuario, che risale al XVII secolo, dove si conserva un dipinto della Beata Vergine Maria, detta la Madonna del Ghisallo, proclamata Patrona dei Ciclisti dal 1949, con una lettera ufficiale papale di Pio XII che le attribuì questo ruolo. L’anno prima Papa Pacelli aveva benedetto e acceso a Roma la grande fiaccola di bronzo, che venne collocata all’interno del Santuario.
    Da allora moltissimi visitatori arrivano qui da tutta la Lombardia, regione che vanta una particolare tradizione nel campo del ciclismo agonistico, ma anche dal resto d’Italia e del mondo, proprio per la notorietà della salita e del Santuario, cui li lega una particolare devozione. Lo testimoniano le lettere pervenute anche recentemente dal Brasile, dalla Repubblica Ceca, dagli Stati Uniti d’America, dalla Svizzera, dalla Germania, dalla Svezia e la pubblicazione di articoli riguardanti il Ghisallo su riviste italiane ed estere.
    Nel 2000 la Fondazione Museo del Ciclismo-Madonna del Ghisallo ha organizzato una staffetta con la partecipazione di alcuni grandi campioni del ciclismo, dalla Madonna del Ghisallo al Vaticano per la consegna della fiaccola al Santo Padre Giovanni Paolo II, con un incontro che rimarrà nella memoria di tutti i partecipanti.
    Ha così preso forma l’idea di realizzare un museo del ciclismo, che valorizzasse il patrimonio del Santuario sviluppando la raccolta, curando la conservazione, la ricerca scientifica e la divulgazione su un fenomeno storico e sociale di grande rilevanza in Italia, in Europa e nel mondo.
    Il 31 maggio 2006, poi, Papa Benedetto XVI ha dato in Vaticano la benedizione all’ultima pietra solennizzando l’atto finale della costruzione del museo. La pietra, che si può vedere nel salone centrale della struttura museale, reca il messaggio “Omnia Vincit Amor” (l’amore vince ogni cosa).
    Ma come si propone questo Museo del Ciclismo-Madonna del Ghisallo?
    Innanzitutto un museo del ciclismo, e non solo un museo della bicicletta. Quindi un museo dedicato agli uomini e alle donne che hanno usato e usano la bicicletta nella vita quotidiana e nelle competizioni sportive; ma anche impegnato a fare conoscere coloro che attorno al mondo delle due ruote, ed a quello agonistico in particolare, lavorano: gli atleti, i produttori del mezzo, gli organizzatori, i dirigenti di società, i giornalisti e altre figure forse meno note ma altrettanto importanti.
    Non ci sarebbe, infatti, un luogo più significativo di questo, in una regione dove si contano quasi 700 società ciclistiche, più di 12.000 tesserati e circa 1200 gare nel corso dell’anno.
    Dunque un’istituzione che vuole collaborare con i vari musei realizzati in Italia e nel mondo, andando al di là delle collezioni imperniate sul nome di un atleta e sulle sue imprese, per quanto importanti.
    Il Museo del Ciclismo-Madonna del Ghisallo, da parte sua, intende invece raccogliere, conservare e valorizzare, a partire dalle donazioni spontanee fatte al Santuario da appassionati, sodalizi sportivi e campioni di varie epoche, le vicende di un mezzo tecnico, di uno sport e dei suoi attori, degli avvenimenti principali che hanno fatto la storia del ciclismo, nonché di una società che con la bicicletta è passata alla modernità.
    Qui, anche attraverso l’incontro degli appassionati con i protagonisti dello sport e dell’ambiente ciclistico che il museo promuove, si vuole far conoscere e studiare il passato ed il presente del ciclismo, riflettendo sui valori, sui problemi e sul futuro della pratica ciclistica e dello sport.

    di Fiorenzo Magni e Massimo Pirovano


    IL PROGETTO ARCHITETTONICO

    Criteri di integrazione con il paesaggio - La conformazione dell’area interessata dal progetto, la sua organizzazione spaziale e il suo inserimento in un anfiteatro panoramico, fanno sì che il visitatore percorra inevitabilmente lo spazio secondo una linea virtuale di attrazione verso la vista più aperta sul paesaggio che termina sul ciglio del Belvedere; si crea quindi una tensionalità che diventa un attributo peculiare del “genius loci” del luogo insieme con l’alto valore simbolico prima descritto.
    Il progetto riprende idealmente queste linee di forza sia a livello compositivo e strutturale, sia nei percorsi a rampa esterni ed interni, i quali metaforicamente si snodano come un tornante alpino dal Santuario al piano espositivo del Museo.
    I movimenti curvi della copertura e lo sfalsamento delle quattro onde permettono l’apertura di finestrature laterali che filtrano la luce zenitale proiettandola sull’intero piano espositivo interno; dal lato del Belvedere offrono invece importanti scorci all’interno dell’esposizione.
    In questo modo lo spazio simbolico del Santuario e lo spazio interattivo del Museo diventano nella percezione del visitatore uno spazio unico.

    Effetto notturno - L’illuminazione interna del Museo durante la notte consente di accentuare la conformazione a curve della copertura creando un suggestivo “effetto notturno” fatto di onde luminose che propagano la luce verso il piazzale del Belvedere e permettendo al visitatore, anche nelle ore notturne, di “sbirciare” all’interno per cogliere sensazioni uniche.

    Organizzazione spazi esterni e interni - Al Museo si accede dal piazzale tramite una serie di vialetti fino a raggiungere una rampa esterna adiacente all’edificio e parallela al Belvedere. Lungo l’intero scivolo una grande vetrata segue l’andamento della “prima onda” permettendo di avere un’ampia visione dell’interno. Il visitatore, percorrendo tale rampa, raggiunge la quota “meno 3,60” dove è situato l’accesso dell’edificio ed il collegamento con il Belvedere. Varcata la soglia del Museo ha inizio la discesa all’interno dell’edificio percorrendo una rampa che evoca il “percorso alpino” con vista sullo spazio espositivo ed il “tornante alpino” con vista sul Lago di Como e sulle Alpi. La lieve pendenza di questo camminamento permette di raggiungere il piano espositivo anche ai disabili vivendo questo “percorso” senza essere obbligati ad utilizzare l’ascensore e, in particolari manifestazioni, anche agli atleti “in sella al loro ciclo” per raggiungere il piano internazionale del ciclismo.
    La necessità di mantenere l’esposizione su un unico piano, come richiesto dalla Fondazione del Museo del Ciclismo, ha suggerito di adottare una soluzione spaziale estremamente flessibile: una struttura a “pilotis”. Tale struttura consente un allestimento versatile e rinnovabile secondo le esigenze richieste dalle varie e numerose manifestazioni che si alterneranno all’interno. Inoltre la scelta dei “pilotis” permette al visitatore una visione sempre globale e non parziale da ogni punto del Museo dell’esposizione, del panorama, delle proiezioni. La disposizione dei “pilotis” corrisponde all’andamento delle linee di forza impresse dalle falde di copertura le cui curve sinuose del soffitto sono evidenziate dalle lunghe finestrature poste tra un’onda e l’altra, che captando la luce zenitale provvedono a diffonderla in più punti dell’esposizione.
    Gli elementi architettonici – rampa, mezzanino, passerella – acquisiscono la caratteristica di elementi sospesi grazie alla struttura dei pilastri; ciò contribuisce a rafforzare ideologicamente il pensiero di spazio unico pulsante di vita, vivacizzato e dinamicizzato dal movimento dei visitatori.

    Sezione coffee shop e merchandising - A quota “meno 4,60”, sospesa sull’intero spazio espositivo si trova un volume le cui pareti laterali sono ora trasparenti, chiuse, aperte, rendendolo partecipe alla vita del museo.
    In questo modo il coffee shop, le rampe, la passerella sospesa e il piano del Museo diventano uno spazio integrato; l’andamento dei pilastri termina con una serie di setti che sorreggono le ampie aperture, la cui esposizione verso valle fa sì che diventino cannocchiali visivi con differenti viste panoramiche, rese ancora più suggestive dalla composizione articolata delle grandi vetrate.

    Sezione espositiva – L’intento è quello di conferire al Museo del Ciclismo una connotazione diversa dall’idea di Museo tradizionale. Infatti non si tratta di un mero contenitore di cimeli del ciclismo, ma di un luogo di istruzione attivo per appassionati e non, visto e considerato che il ciclismo e i suoi miti sono tuttora materia viva. La forza del Museo sta nell’ideazione di un sistema espositivo che prevede l’integrazione di esposizioni permanenti di cimeli storici legati al ciclismo (fotografie, biciclette, indumenti, documenti dello sport ciclistico) con le tecnologie collegate all’evoluzione della bicicletta a con la continua proiezione di immagini di gare storiche e racconti dei grandi campioni proiettate in varie zone del museo in modo da consentire una visione distribuita (vedi allestimento museografico).

    Sezione accessoria – A quota “meno 12”, immediatamente sotto il piano espositivo del Museo, i pilotis formano un porticato aperto aumentando la proiezione dell’edificio verso la valle suggestiva occupata dal lago. L’area interna è stato appositamente progettata con spazi che permettono di alternare l’uso della biblioteca con la sala convegni o per mostre temporanee, senza dimenticare gli ambienti per lo studio e la promozione di nuove iniziative e imprese sportive. Inoltre sono stati individuati tutti i locali accessori come gli uffici amministrativi-direzionali, i servizi igienici, i depositi, gli archivi, le sale macchine.
    Questo sistema di servizi, appositamente studiati ad una quota differente, permette un utilizzo indipendente dal resto dell’edificio per lo svolgersi di manifestazioni in orari di chiusura dell’area museale.
    Il Museo è stato progettato per permettere al visitatore, anche negli orari di chiusura, di percorrere l’intero perimetro dal piazzale sottostante al Belvedere tramite una rampa esterna, collocata sulla facciata est, offrendo scorci di vista all’interno dell’edificio. Il ciclista può arrivare direttamente in sella al suo mezzo allo spazio a lui dedicato tramite un percorso esistente nel verde, posto sotto il Belvedere, il cui accesso si ha dalla famosa strada che conduce al Santuario del Ghisallo.

    Impianto materico dell’edificio - La copertura, come già premesso, ha una conformazione molto particolare: affiora dal terreno con un sistema di onde studiato per connettersi visivamente e fisicamente con l’intorno e col visitatore lasciando libera e indisturbata la vista globale del paesaggio da qualsiasi punto del Passo del Ghisallo; il manto è realizzato con “ghiaia” per integrare l’intera costruzione al circostante paesaggio. L’intera copertura ed ogni singola “onda” sono coronate da un cordolo in cemento armato di contenimento protetto da una scossalina di “rame anticato”.
    Le rampe esterne e le scale vengono realizzate in calcestruzzo con la parte superficiale rivestite da lastre a spacco di pietra.
    L’ingresso del museo, posto sul prospetto ovest antistante al Belvedere “Romeo”, è facilmente raggiungibile sia dal Santuario che dal parcheggio inferiore, collegato tramite una scala e una rampa. L’accesso avviene mediante porte in cristallo inserite nella grande apertura ad onda.
    Le facciate sono caratterizzate dalla particolare conformazione della copertura suddivisa in quattro porzioni con dislivelli differenti, per permettere l’illuminazione interna dell’edificio. La particolarità delle facciate è data dalle grandi vetrate aventi serramenti in “bronzo ramato” che si fondono con i rivestimenti in “rame anticato” della copertura coniugandosi con la “pietra ferrosa” che riveste ogni spazio lasciato libero dal vetro.
    Il prospetto ovest, rivolto verso il Belvedere ed il Santuario, è totalmente “aperto” da una grande vetrata che attira i visitatori permettendo di intravedere l’interno del museo camminando lungo la rampa esterna. Questa grande apertura è stata progettata per avere varie funzioni: vetrina del museo, illuminazione dello spazio espositivo, alleggerimento della facciata principale tale da rendere impercettibile la grandezza dell’edificio.
    Il prospetto nord, rivolto a valle verso il Lago di Como e le Prealpi, è il fronte “maestoso” del museo, anch’esso totalmente “aperto” da grandi vetrate aventi una composizione articolata e suggestiva che, tramite un sistema di tende, permettere di regolare l’intensità dell’illuminazione interna, di utilizzare parte dei riquadri come espositori di opere in “controluce” e come riquadri di “paesaggio”. Il coronamento di queste grandi aperture ed i setti laterali sembrano grandi cornici. Il portico posto al livello più basso è appositamente intonacato proprio per staccare il livello dei locali accessori dal vero e proprio museo che si sviluppa ai piani superiori.
    Il prospetto est, secondo me uno dei più suggestivi, è visibile solo dai visitatori che intraprendono il percorso lungo il perimetro; totalmente rivestito in pietra posata a secco ha una grande apertura alla sommità e piccole feritoie per permettere sempre di “sbirciare” all’interno.
    Il prospetto sud, rivolto verso il punto di arrivo dei visitatori, ha varie altezze e facciate ora in vetro e ora in pietra; l’altezza è molto contenuta tanto da permettere di vedere nella loro integrità le cime della Grigna.

    Spazi esterni e Casa del custode
    - L’edificio del Museo è immerso in un’estesa area verde che sarà sempre aperta al pubblico.
    Alla quota inferiore, oltrepassato il portico dal quale si accede al piano accessorio, si trova il piazzale destinato a parcheggio al quale si accede dalla mitica salita “Bellagio – Ghisallo” tramite un viale lungo il quale si trova un vecchio edificio rurale che sarà ristrutturato per ospitare la casa del custode e l’archivio del museo.
    Sia il parcheggio che la strada di acceso si immergono perfettamente nel verde circostante grazie alla particolarità del manto di pavimentazione e al mantenimento delle quote naturali della montagna che degrada dolcemente fino a raggiungere un dirupo a picco sul Lago di Como.
    L’accesso al parcheggio, seppur regolamentato tramite sbarra, lascerà ai visitatori l’opportunità di circolare liberamente intorno all’edificio e sostare sia al livello sottostante del piazzale che al livello del Belvedere godendosi sempre il magnifico panorama.

    Dati Tecnici
    Livello 4-3 ingresso, percorsi, merchandising, coffe-shop = mq. 570
    Livello 2 spazio museale espositivo = mq. 850
    Livello1 spazio riunioni, sala conferenze, biblioteca, uffici, bagni, depositi = mq.750
    Casa del custode = mq. 100
    Piazzale parcheggio privato = mq. 1.140

    di Davide Bergna


    IL PROGETTO ALLESTITIVO

    Le riflessioni che seguono, dovrebbero in qualche modo poter svelare il doppio registro di interpretazione con cui, chi scrive, si è misurato nella sua opera di cronografia, di vero e proprio disegno del tempo in una narrazione in cui esso assume sia i tratti della cronologia storiografica, sia di quella mitologica, messe alla prova entrambi dalla continua pressione del dato contemporaneo.
    Questa concentrazione di paralogie, e di processi di contraffazione del dato temporale hanno naturalmente una profonda ricaduta nello status di un museo, che già di per sé contiene tutti gli aspetti e le caratteristiche di un museo di nuova generazione, di un museo in sostanza, che possiamo definire “post-moderno” nel senso kohleriano del termine.
    Il superamento dell’idea moderna di museo, sta tutta nell’abbandono dell’idea che il tempo del museo è un tempo al passato, se non addirittura al passato remoto. Il museo post-moderno è un museo che accetta la contraddizione del presente come elemento di variazione, di interferenza, di “disturbo” del tempo prima mitico e poi storico; che accetta il mito come disvelamento della storia, e la storia come sistema discreto, capace di dare forma ad una narrazione basata sul gioco dei riconoscimenti.
    In sostanza, in questo museo, lo statuto classico del tempo, lineare e irreversibile, si trova a fare i conti con il tempo ciclico della narrazione annuale e con un tempo mitico che non è spiegazione e legittimazione dei percorsi storici, paradigma interpretativo di accadimenti successivi, ma è il senso stesso della narrazione, è l’aura che accompagna e riveste sia la storia che la contemporaneità nel quadro di percezione ed interpretazione degli eventi.
    La difficoltà di operare in questo quadro è parzialmente incrinata dal caso, che ha voluto che il pensiero progettante del sistema mediatico (l’allestimento museografico), sia anche il pensiero progettante dell’ordinamento scientifico della collezione e quindi, come si diceva in apertura, il disegnatore del tempo.
    Museologia e museografia, così concentrate nella medesima tensione e, in questo caso, non antagoniste, cercano un equilibrio in cui mito, storia e contemporaneità concorrono alla visualizzazione e strutturazione di una narrazione “aperta”.

    Proprio in questo senso, e cioè nell’unicità della proposta museologico-museografica, il Museo del Ciclismo è un museo di nuova generazione. Un museo, cioè, che si presenta e si offre alla percezione dei visitatori mediante un dispositivo narrativo basato su una serie di format differenti e interattivi, profondamente diversi, nella concezione, da quelli propriamente oggettuali dei musei tradizionali.
    Non c’è qui la Venere di Milo e neppure l’Apollo del Belvedere. Non ci sono i frammenti dell’epos artistico del mondo occidentale, non c’è quindi un’antichità che ne legittimi in modo inequivocabile il valore espressivo. Ma, tuttavia, e non per paradosso c’è tutta la storia, l’enciclopedia, il mito, le voci, le imprese di un intero secolo di sport.
    Coppi e Bartali non sono nè la Venere, nè Apollo. Ma sono Ercole e Perseo. Eroi di un mito contemporaneo che non è poi tanto distante idealmente da quello antichissimo delle “grandi fatiche” portate a termine spesso con l’aiuto di una divinità dagli occhi cerulei.
    Il Museo del Ciclismo, in questo senso, non racconta tanto il “bello”, quanto, piuttosto il “grande”, inteso come identità tra uomo e stato di grazia, la sospensione tra una formidabile fisicità e la sua stessa sublimazione in un’aura divinatoria.
    Ma, a parte questa dovuta apertura sulla diversità di paradigma tra museo classico, e nuove forme di narrazione, questo museo è un museo di nuova generazione per quattro ragioni:

    1. perchè si basa soprattutto su un impianto narrativo e comunicazionale che articola una sostanziale scelta di campo verso il multimediale;
    2. perchè la sua collezione (iconografica, oggettuale o immateriale) è in una continua registrazione e storicizzazione immediata del presente, un continuo download di dati, risultati, immagini che vengono costantemente prodotti e implementati dal circuito e dal mondo delle competizioni;
    3. perchè è tra i pochissimi nuovi musei realizzati ex novo nel panorama architettonico nazionale;
    4. perchè è un museo dello sport, cioè una tipologia di museo che non esiste, e che solo oggi si affaccia nel dibattito colto della museografia contemporanea.

    Non e semplice, pertanto, dare una forma allestitiva e concreta ad un luogo espositivo di questo genere, che sfugge a tutte le classificazioni museografiche e museologiche tradizionali.
    Difficile infatti è trasferire il presente in una dimensione storica.
    Difficile è darne una rappresentazione capace di resistere al costante lavoro di “overwriting” che questo tipo di collezione sottende.
    Rischioso (e il rischio sta nel cedere ad un populismo manierato e melanconico) è dare vita ad un museo dello sport, quando questo, nella sua più recente accezione, costituisce l’unico esempio.
    Difficile è in sintesi operare sapendo che ciò che si sta facendo costituirà per molti un possibile modello metodologico, o comunque un esempio con cui confrontarsi.
    E queste in definitiva sono le riflessioni di un progettista che scommette sulla performatività dell’impianto che ha contribuito a creare, e su un processo, tanto innaturale quanto “sintetico”, anche per un museo, di consegnare il presente alla storia, trattandolo come una reliquia ante litteram, e disponendolo in una progressione in cui il tempo è costituito da una sequenza di imprese, scandite da un orologio annuale.
    Una specie di ciclico e rituale ritorno in un teatro che, come quello greco antico, opera nell’unità di tempo. E, paradossalmente, non c’è neppure il tempo per la celebrazione di una vittoria, che su di essa si sovrascrive inesorabile l’impresa di un nuovo campione.

    di Pier Federico Caliari


    LE SEZIONI

    Entrati nel Museo del Ciclismo si percorre uno scivolo a tornanti che ricordano l’ultimo tratto della salita del Ghisallo e l’andamento di molti percorsi di montagna, su cui i ciclisti faticano nelle loro escursioni, negli allenamenti e nelle gare.
    Di qui si accede alle varie sezioni permanenti del museo che si sviluppano nella sala del livello più basso.

    A. Sezione “Cimeli”
    B. Sezione “L’uomo ed il suo mezzo”
    C. Sezione “Grande Enciclopedia del Ciclismo”
    D. Sezione “24 + 24”
    E. Sezione “Ciak e campioni. 100 film sul ciclismo”

    Il museo sta raccogliendo e ordinando i più importanti periodici e volumi dedicati al ciclismo, che andranno a formare una biblioteca specializzata a disposizione per la consultazione di studiosi e appassionati.
    Manifestazioni e mostre temporanee, che illustrano vari aspetti della storia, della pratica diffusa e dell’attività agonistica, legati alla bicicletta, vengono periodicamente promosse o ospitate dal museo. Tra questi eventi si segnalano gli incontri per il pubblico con i campioni e i protagonisti del mondo del ciclismo, intitolati “Storie di ciclismo. I protagonisti e i testimoni raccontano”.
    Il museo dispone di un punto vendita, con le più significative pubblicazioni in commercio dedicate al ciclismo ed altri gadget, di due laboratori per le attività didattiche e di una sala conferenze.


    COME RAGGIUNGERLO?

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    In auto
    Da Milano
    S.S.36 ( superstrada Milano-Lecco ) direzione Lecco, uscita Suello-Cesana B.za. Seguire per Erba-Como. Al semaforo di Pusiano, svoltare a destra per
    Longone-Canzo-Bellagio.

    Da Como
    S.S.342 (Lecco-Bergamo ) fino a Tavernerio.
    Seguire la S.P.639 in direzione Erba.
    Al semaforo dopo Albavilla,svoltare a sinistra
    procedendo per Canzo-Asso-Bellagio

    In treno
    Asso è il capolinea della tratta Milano-Seveso-Asso delle Ferrovie Nord Milano (F.N.M.) con partenza da Milano-Cadorna.
    Segue collegamento in pullman.


    INFO

    Orari

    Dal 1° Novembre al 31 Marzo / November 1st to March 31st
    da Martedì a Sabato / Tuesday to Saturday
    dalle ore 10.00 alle ore 17.00 / 10 a.m. to 5 p.m.

    Domenica / Sunday
    dalle ore 9.30 alle ore 17.30 / 9.30 a.m. to 5.30 p.m.

    Chiuso Lunedì - 25 Dicembre - 1° Gennaio /
    Closed Mondays - 25 December - 1st January

    Dal 1° Aprile al 31 Ottobre / April 1st to October 31st
    da Martedì a Venerdì' / from Tuesday to Friday
    dalle ore 9.30 alle ore 17.30 / 9.30 a.m. - 5.30 p.m

    Sabato e Domenica - Saturday & Sunday
    Dalle ore 9.00 alle ore 18.00 / 9.00 a.m. - 6.00 p.m.

    Per Info e Prenotazioni / For Info and Prenotation

    tel. fax + 39 031 965885
    e-mail: [email protected]

    Biglietti

    GRATUITO - FREE TICKET
    Bambini fino a 10 anni - Children (up to 10 years old)
    Diversamente Abili e Accompagnatore - Disabled and companion
    Stampa - Press
    Residenti in Magreglio - Magreglio's citizens

    RIDOTTO - CUT PRICE TICKET Euro 5,00
    Donne - Women
    Studenti dalla scuola media - Student from 11 years old
    Sopra i 65 anni - Seniors ( more than 65 years old)
    Gruppi superiori a 10 persone - Groups made up of more than 10 visitors
    Nucleo Famigliare (min. 3 persone) - Family ( at least 3 persons)

    INTERO - WHOLE PRICE TICKET Euro 10,00

    SCOLARESCA - SCHOOLCHILDREN Euro 3,00

    CONVENZIONE JUNGLE RAIDER PARK
    per le scolaresche: visita al Museo - visita alla foce del Lambro, detta Menaresta - Jungle Raider Park tutto a Euro 20,00 cad.

    Inoltre, chiunque presenti alla biglietteria del Museo, il biglietto
    d'ingresso al Jungle avrà uno sconto del 15%


    Articoli e foto da: www.museodelghisallo.it

    Edited by SarriTheBest - 26/11/2007, 23:56
     
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    Le vostre foto di ciclismo per il museo del Ghisallo
    La struttura, nata al fianco del Santuario dedicato alla protettrice del ciclismo, punta a coinvolgere più appassionati con un concorso fotografico e un corso che formi guide volontarie. Tra i docenti Fiorenzo Magni

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    il presidente Fiorenzo Magni al museo del Ghisallo. Bettini


    MAGREGLIO (Co), 29 ottobre 2007 - Un corso e un concorso. Entrambi organizzati dal museo del ciclismo Madonna del Ghisallo. La struttura, inaugurata nel 2006 presso il noto santuario nel comune di Magreglio (Como) dedicato alla protettrice dei ciclisti, promuove una doppia iniziativa nel tentativo di coinvolgere più appassionati possibile.
    CONCORSO - Aperto a tutte le società ciclistiche, il concorso fotografico del museo è dedicato al tema "La Giornata della bicicletta: immagini per una storia del ciclismo". Per partecipare è necessario inviare entro e non oltre il 31 dicembre 2008 all'indirizzo [email protected] copia delle foto scattate in occasione delle varie edizioni della Giornata della bicicletta, con una scheda di testo che descriva il contenuto della fotografia (anno, tipo di gara, soggetti ritratti e altre informazioni interessanti). Il materiale selezionato dalla Giuria del Museo nei mesi a seguire sarà acquisito in copia e verrà utilizzato per una Mostra all’interno delle sale museali, che si terrà nel corso del 2008.
    CORSO - Per favorire la conoscenza del Museo e delle tematiche che propone ad un pubblico sempre più vasto, nasce anche il corso di formazione per guide volontarie del Museo del ciclismo. Rivolto a ciclisti, tecnici, dirigenti di società ciclistiche lombarde o semplici cittadini, invitati a diventare guide volontarie del museo con un impegno una tantum, il corso (in programma il 24 Novembre per un'intera giornata) svilupperà tematiche quali la storia e le storie del ciclismo, il ciclismo oggi e i suoi problemi. Tra i docenti Massimo Pirovano, Carmine Castellano, Fiorenzo Magni. Le domande di iscrizione dovranno pervenire entro il 5 novembre.

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    Magni fa parlare il museo

    Oggi al museo del ciclismo del Ghisallo aprirà una serie di incontri sulla storia del ciclismo. Sarnno gli stessi protagonisti a raccontarla, attraverso le loro esperienze. Comincerà il Leone delle Fiandre, poi Bugno, Baldini, Ballerini, Castellano e Albé


    MILANO, 24 novembre 2007 - La prima gliela regalò il suo babbo: "Era una bici da passeggio. Avevo 13 anni e non ci sapevo neanche andare. Tolsi parafango e carter per renderla più simile a una bici da corsa, ma mi rimase il manubrio con i freni a bacchetta". Fiorenzo Magni inaugurerà così, con un ricordo degli anni Trenta, un ciclo di incontri al Museo del ciclismo, alla Madonna del Ghisallo (Como), oggi dalle 15 alle 17 (ingresso all’incontro e al museo: 5 euro). "Le abbiamo battezzate "Storie di ciclismo" - spiega Magni, che il 7 dicembre compirà 87 anni - e saranno raccontate proprio dai protagonisti". Dopo il Leone delle Fiandre, toccherà a Gianni Bugno (I miei campionati del mondo, 15 dicembre), Ercole Baldini (Il mio record dell’ora, 12 gennaio), Franco Ballerini (Dalla Roubaix alla Nazionale, 26 gennaio), Carmine Castellano (Vent’anni di organizzazione del Giro d’Italia, 9 febbraio) e Floriano Albé (Nell’officina del Gigante: Giannino Albé costruttore di biciclette a Legnano nel ’900, 23 febbraio). "I musei - spiega Magni - non devono essere solo luoghi dedicati alla memoria, ma laboratori di idee e dialoghi. Per questo ospitiamo affettuosi confronti con testimoni e personalità del ciclismo. Comincio io per dovere di ospitalità. Non ho preparato una relazione, ma una serie di argomenti, anche attuali, come la lotta fra ProTour e grandi Giri. Il ciclismo, che pure in Italia è lo sport più popolare, praticato e vincente dopo il calcio, deve rivalorizzare il suo patrimonio di vita e cultura. E noi cerchiamo di dare un contributo".

    Marco Pastonesi - La Gazzetta dello Sport

    Edited by SarriTheBest - 26/11/2007, 23:59
     
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    Ghisallo: Alessandra Cappellotto ha donato la sua maglia iridata
    Si è chiusa con un evento di rilievo la stagione organizzativa del Gruppo Sportivo Madonna del Ghisallo che ha celebrato nel 2007 il quarantesimo compleanno: in occasione del tradizionale Champion's Day che vede protagonisti nel giorno dell'Immacolata i giovani protagonisti del ciclismo lombardo, Alessandra Cappellotto, prima ciclogirl italiana nella storia a vincere un mondiale in linea Elite a San Sebastian nel 1997, ha donato la propria casacca iridata al Santuario comasco, dedicato alla Vergine protettrice internazionale dei ciclisti.
    ''Nell'anno dedicato in sede UE alle Pari Opportunita' ci e' sembrato doveroso tributare l'atto conclusivo della nostra attivita' a una delle atlete simbolo della storia del ciclismo non solo nazionale - ha spiegato Renato Conti, presidente del sodalizio lariano -. Alessandra Cappellotto si affianca a Vera Carrara, anche lei entrata a pieno titolo tra i grandi celebrati tra le pareti del Santuario dopo la prima affermazione iridata su pista regalata due anni fa all'Italia''.

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    Museo del Ghisallo, sabato incontro con Gianni Bugno
    Il Museo, considerato a lungo luogo polveroso, riservato a pochi, dove molti non osavano mettere piede temendo di annoiarsi. Oggi crescono le iniziative, indirizzate a coinvolgere un pubblico sempre più vasto, a partire dalla curiosità che può stimolare il desiderio di conoscenza, riflessione e confronto. Tra i diversi fenomeni che in quest’epoca hanno accompagnato indubbie trasformazioni ci sta e come anche la bicicletta e il ciclismo. E che cosa può interessare agli sportivi più delle imprese, i drammi, i successi e le difficoltà dei campioni? Il retroscena di alcune gare, i preparativi, che possono raccontare i grandi campioni; coloro che hanno seguito le molte manifestazioni. Con la rassegna Storie di ciclismo il museo offre al pubblico delle occasioni per incontrare protagonisti e testimoni di questo mondo, evidenziando con questo patrimonio storico oggetti, documenti, fotografie, filmati, informazioni, che questi personaggi hanno permesso di raccogliere e rendere noti. Così è nata l’idea di programmare una serie di incontri al Museo del Ciclismo-Madonna del Ghisallo presso la sala conferenze (dalle ore 15 alle17) secondo un calendario che sabato prossimo troverà presente Gianni Bugno, il 12 gennaio Ercole Baldini (il mio record dell’ora), il 26 gennaio Franco Ballerini (dalla Roubaix alla nazionale), il 9 febbraio Carmine Castellano (vent’anni di organizzazione del Giro d’Italia) ed il 23 febbraio Floriano Albè (nell’officina del gigante). Con Fiorenzo Magni, il 24 novembre scorso, si è aperta questa importante rassegna. Sabato prossimo toccherà al due volte campione del mondo Gianni Bugno. Svizzero di nascita (a Brugg) è stato uno degli ultimi corridori capaci di competere ai massimi livelli, sia nelle classiche di un giorno, sia nelle corse a tappe, di vincere le prove a cronometro, tappe di montagna e arrivi in volata, partecipando a tutte le più importanti gare ciclistiche della stagione. Nel 1980 negli allievi venne alla ribalta vincendo il Giro della Provincia di Como. Professionista dall’85, tra i suoi successi il Giro d'Italia del ‘90, indossando la maglia rosa, simbolo del primato, dalla prima (crono di Bari) all’ultima vincendo quell’anno tre tappe, due Campionati del Mondo consecutivi (’91 a Stoccarda e ’92 a Benidorm), Milano-Sanremo, Wincanton Classic, Classica di San Sebastian, Giro delle Fiandre e Coppa del Mondo. Al Tour: una volta secondo (nel ’91) e poi terzo (’92) nell’avvio della serie dei cinque consecutivi di Miguel Indurain. Ha vinto due tappe all'Alpe d'Huez, due campionati italiani, Giro del Friuli, Trofeo Matteotti, tre Giri dell'Appennino consecutivi, due Coppe Agostoni, Giro del Piemonte, Tre Valli Varesine, Giro dell'Emilia, Milano-Torino, Giro del Lazio. Numero 1 della classifica mondiale UCI nel 1990 e nel 1991. Sabato, in prima persona, parlerà e risponderà al Museo ai molti appassionati che interverranno.
    L'ingresso all’incontro e al museo: euro 5. Orario di apertura in occasione degli incontri: dalle 10.00 alle 18.00. Questo l’orario invernale del Museo: da Martedì a Sabato dalle 10.00 alle 17.00. Domenica dalle 9.30 alle 17.30.

    Giulio Mauri - tuttobiciweb.it

    Edited by SarriTheBest - 15/12/2007, 19:53
     
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    QUI l'intervento di Gianni Bugno di oggi, Sabato 15 Dicembre, al Museo del Ghisallo.
     
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    Museo del Ghisallo: sabato incontro con Carmine Castellano
    Come si diventa organizzatori? Come si pianifica e si organizza una grande corsa a tappe? Quali problemi si incontrano? Che cosa sta succedendo da quando è nato il Pro Tour nel calendario ciclistico? Giro, Tour, Vuelta: quali analogie e quali differenze si riscontrano? E le corse in linea come si organizzano? Quali diritti e quali doveri hanno le squadre di fronte agli organizzatori, e come sono cambiati nella storia del ciclismo?
    Carmine Castellano, successore di Vincenzo Torriani risponderà a queste domande e a quelle dei visitatori nell’incontro che avrà luogo sabato 9 febbraio al Museo del Ciclismo – Madonna del Ghisallo, presso la sala conferenze dalle ore 15,00 alle ore 17,00, che sarà introdotto dal direttore del museo Massimo Pirovano.

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    Al Ghisallo i "giri di oggi, i giri di ieri"
    Il Museo del Ciclismo – Madonna del Ghisallo, in occasione della 91° edizione della Corsa Rosa, espone i documenti e i cimeli che possiede, grazie alle donazioni di campioni, dirigenti del mondo del ciclismo, giornalisti ed appassionati collezionisti.
    Visitando il Museo, da sabato 10 maggio a domenica 1° giugno sarà anche possibile assistere alla trasmissione televisiva delle fasi finali, dell’arrivo e dei commenti per le varie tappe.
    Sabato 17 maggio, dalle ore 10.00 alle ore 22.00, in occasione delle Giornate della Cultura promosse dalla Regione Lombardia nelle biblioteche, nei musei e nei teatri, il Museo proporrà un evento speciale dal titolo “Una Notte al Giro”, proiezioni di filmati e esposizione di documenti storici dal Giro d'Italia, con apertura
    straordinaria e ingresso libero.

    Orari di apertura al pubblico :
    dal martedì al venerdì dalle ore 9.30 alle ore 17.30
    sabato e domenica dalle ore 9.00 alle ore 18.00

    Ingresso al Museo (iniziative incluse) : euro 5,00

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  9. illip
     
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    Ghisallo: il 10 gennaio nuova sfida Moser-Saronni
    La grande rivalità che ha animato il ciclismo sul finire degli anni Settanta e all'inizio degli anni Ottanta - vale a dire la sfida tra Francesco Moser e Giuseppe Saronni - vedrà una nuova puntata nell'incantevole scenario del Museo del Ciclismo al Ghisallo. Sabaato 10 gennaio, infatti, con inzio alle ore 15, i due grandi campioni saranno protagonisti di un nuovo appassionante duello, stavolta a colpi di ricordi e racconti, con la complicità del direttore del museo Massimo Pirovano. «Francesco Moser e Giuseppe Saronni: i nostri duelli» è infatti il titolo del primo «incontro del sabato» del nuovo anno che si svolgerà al Museo del Ghisallo (ingresso all’incontro e al museo euro 5,00): un appuntamento da non perdere...

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    Edited by SarriTheBest - 28/12/2008, 02:03
     
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  10. riccarduz
     
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    Domani al Ghisallo incontro Moser-Saronni. Con sorpresa...
    Un’altra pagina di ciclismo “narrata” direttamente dai protagonisti
    è fissata per domani (dalle 15 alle 17) al Museo del Ciclismo – Madonna del Ghisallo; una della lunga serie, iniziata lo scorso anno, in cui i protagonisti ed i testimoni si raccontano. Questa volta porrà di fronte Francesco Moser, vincitore del Giro d’Italia ’84, e Beppe Saronni che la corsa rosa la vinse due volte (nel ’79, quando spodestò dal primato proprio Moser a San Marino, e nell’83). Un confronto fra i due campioni, che assunse, attorno agli anni ottanta, le tinte di un importante irrisolto duello come lo furono quelli fra Girardengo e Binda, attorno agli anni trenta, fra Bartali e Coppi negli anni cinquanta, Merckx e Gimondi vent’anni dopo. Storie di ciclismo che diventano ancora più interessanti e si fanno più palpabili a distanza di tanti anni aprendosi valutazioni in modo sereno e pacato degli stessi protagonisti nell’ambiente più consono e naturale come può essere un Museo, dove la platea degli uditori si accende serenamente al rievocare episodi, gesta, traguardi, attimi di debolezza o sconfitte nel contesto di un’attività sportiva che per un
    decennio ha scatenato una rivalità quasi irreale ed ingigantita da dare in pasto più agli sportivi lettori (a quell’epoca) che non ai telespettatori (come avverrebbe sicuramente oggi). Quasi fantastico, e non solo per chi ama ed apprezza questa disciplina, percepire dei ricordi che costituiscono motivo dominante di una rivalità che si è sempre mantenuta in limiti schietti e tollerabili, ma i cui risvolti non sempre è stato dato modo di evidenziarli a fondo, approfondirli e discuterli, in una sede idonea ed interessata come lo è attraverso il dialogo nel clima più sereno ed idoneo di un’ampia sala conferenze di un Museo. Due figure e due campioni, ma con capacità nettamente differenti. Dalla loro dialettica sia in corsa che fuori erano capaci quasi con un… sussurro di fomentare una rivalità in cui era difficile crederci, ma che proponeva notizie ed interpretazioni fantastiche e quasi allegoriche in cui espertissimi commentatori del periodo (Bruno Raschi in grande misura) costruivano un sapiente dualismo. Tecnicamente in gara Saronni era abilissimo nel lanciare attacchi improvvisi, con uno scatto secco e pungente, che il più delle volte lasciavano il segno, Moser appariva come una “locomotiva” e quando partiva a pieni pedali, come evidenziava benissimo nella Roubaix, più nessun avversario riusciva a tenergli la ruota. Due modi di correre e due stili molto diversi, ma capaci d’incantare la platea dei tifosi equamente divisi nel parteggiare per l’uno o per l'altro.
    Giulio Mauri

    Domani con gli sportivi sarà presente anche il fratello maggiore di Francesco, l’ottimo passista scalatore Aldo Moser. La sua carriera è stata legata in modo particolare proprio alla salita del Ghisallo ed alle strade lombarde. Aldo non solo vinse un’edizione del Piccolo Giro di Lombardia, quello del ’53 in difesa dei colori dell’Aurora Trento, quando la corsa si concludeva ancora alle porte di Milano, ma l’anno dopo (nel ’54) al suo esordio fra i professionisti vinse una straordinaria edizione della Coppa Ugo Agostoni, a Lissone, che includeva anche il passaggio sul Ghisallo e un paio di mesi dopo lanciò sul Colle l’attacco decisivo nel corso del Giro di Lombardia che portò Fausto Coppi (su Fiorenzo Magni e Guido De Rossi) al suo quinto ed ultimo successo a Milano nella “corsa delle foglie morte”. Aldo Moser vinse poi anche alcune edizioni del Trofeo Baracchi in coppia stabile con Ercole Baldini. Non si può dimenticare che nel 1971, ormai al termine di una luminosa carriera, Aldo Moser venne premiato a Cabiate, il 6 gennaio, dall’Associazione Amici di Giovanni Longoni con la Biciclettina d’Oro per i professionisti unitamente ad Alfredo Chinetti per i dilettanti. Ad intervistare i tre graditissimi ospiti sarà il giornalista, specializzato di ciclismo, Beppe Conti da anni ottimo inviato della testata torinese Tuttosport.


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  11. illip
     
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    La sorpresa???

    Tanto caffè dato che senza offesa quando parlano hanno una timbrica che fa addormentare :asd:
     
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    Moser-Saronni, rivalità d'altri tempi
    Aneddoti, ricordi, tanti episodi ad attestare la rivalità in gara e fuori, davanti al grande pubblico che stipava la sala conferenze del Museo. Il revival sul dualismo che accompagnò Francesco Moser e Beppe Saronni, attorno agli anni ottanta, dividendo gli sportivi in due fazioni condotto da Beppe Conti. “Lavoravo allora per la Gazzetta dello Sport e seguivo il calcio in modo particolare per la mia squadra, il Torino, e la Juventus, ma mi sentivo tagliato fuori per il ciclismo; c’era una penna straordinaria come quella di Bruno Raschi – ha precisato Conti - con altre; non sarei mai riuscito indirizzarmi verso il ciclismo che amavo, avendolo praticato, anche se – precisava – ottenni una decina di vittorie da dilettante. Da questo la decisione di legarmi ad un quotidiano sportivo più piccolo, come Tuttosport, ma in cui potevo parlare di ciclismo. Così ho potuto seguire 32 Giri d’Italia ed altrettanti Mondiali”.
    Ecco: come è nata questa rivalità?
    “Correvo già da qualche anno con avversari come G.B. Baronchelli, Battaglin, Gavazzi; Saronni all’esordio venne presentato – precisava Moser - come ottimo pistard. Si mise in grande evidenza, ma si scriveva più di noi due e della nostra rivalità che non delle vittorie degli altri. Nacque così”.
    “Ricordo bene – la replica di Saronni – tu, caro Beppe, eri marcatamente dalla parte di Francesco. S’iniziava con la Sei Giorni, poi il Laigueglia e si arrivava fino al Lombardia. Si poteva scrivere molto. Le tifoserie erano schierate, si arrivava magari fin sotto la camera d’albergo di Francesco a lanciare dei cori, sempre nei limiti. Oggo non succederebbe più”.
    Ma è un ciclismo diverso?
    “C’è una programmazione, un periodo di grande forma con determinati obiettivi in alcune classiche o Giri – affermava Saronni – a San Cristobal quando Francesco vinse il mondiale io stetti agli ordini di Martini e dopo aver fatto la corsa c’era la possibilità di salire sul podio, col terzo posto. C’era anche Bitossi, mi si avvicinò e mi diede uno strappo ai pantaloncini: tu hai già fatto tanto, mettiti da parte che vado io. Arrivò terzo!”.
    “La rivalità si accresce con episodi e fatti veri, credibili, sono le differenti situazioni poi che l’accrescono - indicava Moser – ed oggi non ci sono più di due-tre atleti disposti e disponibili a cercarsi questa gloria. Per questa ragione ritengo che le gare oggi dovrebbero essere meno lunghe e più impegnative, i favoriti attendono gli ultimi 30 km. Si potrebbe migliorare la qualità di una corsa rendendola più breve, ma più difficile”.
    Nel ’79 (due anni dopo l’esordio di Saronni nei pro) disputaste vincendolo un Trofeo Baracchi.
    “Avremmo dovuto allenarci insieme – dice Moser – invece ci trovammo solo sulla rampa di partenza come due sconosciuti al via della gara”.
    “Lo sforzo che sostenni fu tremendo, aggiunge Saronni, e quando arrivai crollai sedendomi per la fatica”.
    Cosa faceva più invidia del rivale.
    “Di Beppe quello scatto breve, rapido che gli permetteva di essere sempre più veloce di me e quindi si superarmi in volata. Il mondiale di Ostuni lo persi perché Maertens era in condizioni di forma notevoli, tanto che vinse ben tredici tappe alla Vuelta quell’anno”.
    “Francesco aveva un fondo straordinario, capace di partire e di tenere un ritmo elevatissimo per tanti chilometri, così vinse tre Parigi-Roubaix e secondo in altre due, entrando negli annali di questa disciplina non solo per le sue 280 vittorie (199 quelle di Saronni). Se poi vogliamo (la battuta di Saronni) nella vita privata lo stimo e lo apprezzo, ma si sappia: non mi ha mai offerto una bottiglia di buon vino con l’uva dei suoi poderi”.
    Nel ’56, l’ultima corsa di Fiorenzo Magni, fu proprio il Baracchi con Aldo Moser – altro ospite - che passò primo sul Ghisallo (vincendo l’Agostoni) e poi con 9” su Coppi, al Lombardia ’54, quando Fausto colse il 5° successo nella classica di chiusura.

    Giulio Mauri - tuttobiciweb.it
     
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  13. illip
     
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    In corsa non credo ci fossero tutte queste belle smancerie :asd:
     
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    Si volevano tanto bene... :asd:
    Cm'era che diceva Saronni?! Quando Moser volava sul pavè, lui a dire "Eh ma un Giro del Lazio vale + di una Roubaix".. o una cosa del genere... :asd:

    Edited by SarriTheBest - 16/1/2009, 23:48
     
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  15. illip
     
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    Hai ragione credo che allora qualche puntina sul copertoncini se la sono messa a vicenda :asd:
     
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