Liegi - Bastogne - Liegi

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  1. Vince™
     
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    LIEGI - LE PAGELLE: SCHLECK, UN ALTRO DOMINIO A META'
    Alle spalle del calcolatore Valverde gran risalto anche alle prestazioni di Rebellin e dei fratelli Schleck. Il lussemburghese, animatore delle tre classiche delle Ardenne, ha sfiorato anche il successo pagando dazio a causa di uno spunto veloce non certo irresistibile. Naufraga Cunego, bloccato dai crampi sul più bello. Il Piccolo Principe avrà modo di rifarsi. I voti di Federico Petroni.

    VALVERDE 8.5: Vince nella gara che più gli si addice: estenuante corsa ad eliminazione, premia alla fine il più scattista, l’uomo dalle fibre veloci più sviluppate, che oggi albergavano nelle gambe del murciano della Caisse d’Epargne, mai in prima posizione se non negli ultimi 300m. Ha corso in difesa, non ha mai preso in mano le redini del gioco ma è fatto così, ci ha abituati a ben altri livelli parassitici. Rientrare sulla fuga nel momento clou non è da tutti: le gambe le aveva. E anche le motivazioni: spaccare il mondo dopo le critiche di diciassette mesi.

    REBELLIN 8: Stesso discorso fatto per Valverde. In una corsa tattica, dove nessuno si assumeva mai l’onere di sfrondare l’albero dei pretendenti, ha avuto l’accortezza di stare nell’ombra, risparmiare il giusto per essere brillante nel finale. Assunto l’assioma dell’imbattibilità di Valverde in un arrivo del genere, ha temuto forse troppo uno scatto di Schleck nel finale, centrando sull’alfiere della CSC le sue attenzioni invece di impiccare il pericoloso iberico. L’esigua differenza nei voti è dovuta alla mancanza di palesi errori dei protagonisti, alla superiorità di Valverde allo sprint e al livellamento delle forze fra i tre, come testimonia il Saint Nicolas, scavalcato a braccetto.

    SCHLECK F. 8-: Il più forte in salita della campagna delle Ardenne. Un motore così potente, non supportato da una velocità di punta adeguata, richiederebbe però una tattica un pelo più accorta, specie in fase di lancio. Un dubbio viene, a vedere la volata. Se davvero il serbatoio era in riserva da un pezzo, il lussemburghese non avrebbe chiuso la volata a due bici da Valverde, si sarebbe arenato prima. E allora che non gli fosse venuto l’insano grillo di battere tutti in volata? Lui che riuscì a farsi battere persino da Evans al Mondiale scorso? Non lo sapremo mai. Registriamo un’altra prova magnifica per sostanza e cuore.

    SCHLECK A. 7.5: La tentazione di affibbiargli un voto pari a quello fratellone verrebbe ma teniamo i piedi per terra. Dopo la fuga bagnata alla Freccia, quasi 150km allo scoperto, un’altra azione da lontano. Lo conoscevamo nei panni del condottiero da tre settimane, ora si svela, alla tenera età di 23 anni, come guerrigliero da imboscate di un giorno. È destinato a furoreggiare per dieci anni. Aspettiamolo con fiducia, mentre ci godiamo la sua sparata formidabile in faccia a Bettini, l’avvicendamento al vertice.

    DEKKER 7+
    : Di certo, Gigliola Cinquetti non cantava “Non ho l’età” pensando a questo miracoloso olandesino: 24 anni e già la promessa che Boogerd resterà un idolo, un poster appeso in camera e non il palmares da imitare. Il suo allungo – presumiamo, la regia se lo è perso – sul Saint Nicolas ha del sublime, se è vero che si è bevuto circa trenta secondi sul gruppo di Evans che lo precedeva. Da inizio anno sta facendo le prove generali, resta da vedere dove regalerà il primo acuto: alla Scala o all’Opera Bastille?

    PFANNBERGER 7
    : La vera sorpresa (non per i più attenti che già lo scorso anno lo davano in ascesa) di questa Campagna del Nord merita un voto robusto per la costanza di rendimento: 6° all’Amstel, 9° alla Freccia, oggi eccezionale 5° posto. Considerate le attitudini in salita, il prossimo Giro d’Italia gli offrirà una vetrina niente male per correre sì in appoggio a Soler ma per curare anche il proprio orticello. Che si annuncia fertile.

    EVANS 5.5: Spauracchio alla vigilia, atteso sulla Redoute, invocato sulla Roche aux Faucons, gli sono andate di traverso tutte le salite più toste. Ha un rapporto discontinuo con le Classiche, specie con la Doyenne dove fu quinto ma anche trentasettesimo. È la conferma vivente di quanto siano adatte queste corse agli scattisti. Il buon Cadel scattista non è, quindi paga il prezzo. Lui, comunque, lotta, suda e non molla.

    CUNEGO 5.5: Il suo lento e deluso incedere all’arrivo, staccato persino da un gruppo cui aveva piantato un bello scatto in faccia sulla Roche, lascia basito il mondo delle due ruote. Crampi, si scopre, verso Saint Nicolas, tali da farlo retrocedere al trentesimo posto. Ha pagato proprio la salita che lui stesso aveva indicato come più congeniale alle sue qualità di scalatore, segno che non di agilità ma di potenza si nutre il ciclismo del Nord.

    RODRIGUEZ 6.5: Superate certe pendenze da capogiro, è il più in palla. Alla prima, vera occasione della carriera, fa capolino il Grillo Parlante che gli ricorda la sua vita da mediano, pardon, da gregario e cede di schianto sul più bello. In ogni caso, la settimana delle Ardenne migliore per questa pulce iberica.

    NIBALI 6: La corsa, allo squaletto dello Stretto, piace da matti. Poco importa che gli sia mancato lo spunto per stare con i migliori o quantomeno con i più immediati inseguitori: il talento, il fondo, l’attitudine ci sono. Il decimo posto aggiunge un mattoncino (più per il morale che per contenuto tecnico) alla sua preparazione del Giro d’Italia.

    BETTINI 5.5: Spiace dare al campione del mondo, al conquistator di mille battaglie un voto così basso, ma spiace ancor di più vederlo arrancare in tutte le classiche sin qui disputate. Ultimo all’Eroica, ce lo si aspettava; naufrago alla Sanremo, un rammarico, dopo averlo visto sprecare inattese energie sulla Cipressa; oggi, nella classica che lo aveva lanciato, in affanno, sia fisicamente – comprensibile, tornava da un fastidioso infortunio – che tatticamente. Non venite a dirci che gli scatti sulla Redoute e sullo Sprimont non erano il canto del cigno. Coglie un nono posto dal retrogusto amaro. Che non abbia saputo valutare le risposte del suo fisico come alla Sanremo?

    SOLER 5: Pimpante sulla Redoute, mai come quest’anno parca di spunti tecnici, evapora in seguito, dimostrando quanto conti l’esperienza dove nulla si lascia al caso. Non sono ancora maturi i tempi per vedere un colombiano alla conquista del Belgio: da queste parti si devono ancora riprendere dalla sberle subite da uno spagnolo, figurarsi da un sudamericano.

    PERCORSO 9: Stupendo. Spesso ci si interroga su quale sia la Classica più bella. Normalmente, la risposta è: “Ognuna ha il suo perché”. Da oggi, forse, la Liegi – Bastogne – Liegi merita qualcosina in più. Oltre al contesto meraviglioso delle Ardenne (un paesaggio spettacolare, tra conifere, campi lussureggianti e riprese conturbanti), il percorso ha offerto una spietata selezione da dietro, con un susseguirsi di stradine strette e tortuose perfette per le imboscate e una serie di cotes da vertigini che rendono la Doyenne la corsa più dura al mondo. Il restyling, con l’inserimento della Roche aux Faucons ha ridato vigore alla corsa e l’ha resa ancor più affascinante, nella sua durezza estrema.

    PUBBLICO 4: Passi la smania di acclamare un corridore di casa nella Doyenne, evento atteso da due lustri e non ripetibile, almeno in un recente orizzonte, però il festival delle spinte a Philippe Gilbert, che di speranze di fare sua la Liegi ne ha meno di Bruseghin, è a dir poco vergognoso.

    ilciclismo.it
     
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44 replies since 25/3/2008, 12:52   731 views
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